Una gita da mediano
di Matteo Mazzantini
Per vincere ci vuole l'omino
Canberra, 17 ottobre 2003
Colazione, chiacchiere, video della partita contro Tonga, riunione, pranzo, allenamento,
visita a casa dell'ambasciatore con ricevimento, quello che si chiama buffet ma che per noi significa vietato abbuffarsi.
C'è un salone, nell'albergo, che abbiamo trasformato in un circolo Arci: freccette, ping pong,
lettura collettiva di una copia del Corriere della sera, abbiamo comprato anche uno stereo, ci manca
solo che balliamo fra di noi, Lo Cicero con Castrogiovanni, Festuccia con Masi... Lasciamo perdere.
Ho cominciato a giocare a rugby perché il mio babbo, Franco, giocava. Pilone e terza linea. Come pilone,
poteva essere considerato moderno: leggero e mobile. Solo che allora soffriva e basta. Carpentiere, operaio.
E' rimasto nel rugby, come allenatore. E allena ancora, adesso che è in pensione, le giovanili, a Pisa.
Lui ha un modo tutto suo per spiegare il rugby. La mischia, per esempio. Dice: "Non bisogna mai spingere da soli, ma uniti.
Prendi la mano. Se dai una ditata alla volta, fai niente. Se stringi le dita, insieme, e dai un colpo solo,
si chiama pugno, e senti che bella differenza".
Babbo era il tipo che, quando tornava a casa, parlava di rugby con la mamma, anche se la mamma non ne sapeva granché.
Descriveva i giocatori, approfondiva gli aspetti tecnici e anche tattici, poi magari concludeva:
"E' bravo, è bravo, ma gli manca l'omino". Non riuscivamo a capire chi fosse, quell'omino. Finché spiegò:
"Quelli forti, anche se tecnicamente non all'altezza, hanno l'omino dentro che li spinge a lottare e a dare di più".
Quando ero piccolo, più piccolo degli altri, e in campo tutti mi picchiavano,
lui mi rassicurava: "Non ti preoccupare". E mi picchiavano.
E lui: "Non ti preoccupare". E mi picchiavano.
Sul terrazzo avevamo un ombrellone, d'inverno si toglieva la parte alta, rimaneva il gambo di legno.
Lui mi diceva: "Va e innaffia il bastone". Non capivo, certe volte ho anche pensato che fosse impazzito.
Finché capii: innaffiare il bastone significava "continua ad allenarti".
Prima della partita contro gli All Blacks, babbo mi ha telefonato.
"Sono un po' nervoso", gli ho confidato. E lui: "A questo punto sei ai Mondiali. Come posso aiutarti?".
Eppure quelle poche parole un po' mi hanno aiutato.
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